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La Portassa di Osasco

Le storielle di Osasco: osservando la natura

Spesso noi tutti diamo per scontato quanto di bello ci sta attorno: la catena di montagne che non solo ci offre uno spettacolo meraviglioso dal punto di vista paesaggistico, (dimenticando che servono a mantenerci l’acqua che giornalmente usiamo ed anche sprechiamo, perché tanto siamo abituati ad averne a volontà); le piante, sotto le quali ci ripariamo nelle calde giornate estive; gli animali selvatici, che continuano a resistere contro le sempre maggiori difficoltà di vita che noi uomini gli creiamo.

Abbiamo allora pensato di fare un’apposita rubrica, in cui vengono riportate le storie, anche piccole, registrate osservando la natura, nel nostro vivere quotidiano.


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La volpe finita in trappola



È a tutti nota la straordinaria astuzia della volpe, tanto che per voler sottolineare la furbizia di qualche persona, si dice: “è furbo come una volpe…”.

In un terreno non lontano da casa avevo seminato un piccolo campo di mais, che coltivavo in modo del tutto ecologico essendo la produzione destinata a diventare polenta.

Alla semina eseguita a mano, sarebbero seguita la pulizia, la rincalzatura, tutti i lavori da fare a mano, evitando cioè diserbanti, dissecanti oltre che concimi chimici.

Qualcuno però aveva notato questa anomalia nelle lavorazioni. O forse aveva notato che il terreno così trattato era vivo ed inoltre non aveva l’odore della moderna chimica.

Fatto sta che quando le pianticelle del mio mais cominciarono a spuntare, le gazze ed i corvi cominciarono ad apprezzare la produzione biologica, prendendo così l’abitudine di seguire le file delle nascenti pianticelle, per mangiare i chicchi diventati ora quanto mai teneri.

A nulla valsero i vari sistemi messi in atto per allontanare i predatori: non ebbero alcun effetto positivo gli improvvisati spaventapasseri, ne i CD che qualche amico mi aveva fornito e garantito come validi “repellenti”.

Intanto la devastazione procedeva a ritmo serrato, per cui decisi di far ricorso ad una grossa trappola, che ebbi comunque qualche difficoltà nel reperire.

Grande fu la sorpresa quando il giorno dopo nella trappola trovai non uno dei dannosi volatili, bensì un grosso esemplare di volpe, che potevo per la prima volta osservare da vicino, come non avevo potuto fare mai.

La povera bestiola stava accovacciata ed immobile nella piccola gabbia; solo seguiva i miei movimenti con gli occhi, che sembravano chiedere pietà e perdono.

Un amico mi consigliò di chiedere l’intervento di un vicino cacciatore, da anni sfegatato cacciatore di volpi, che certamente non avrebbe avuto problemi sul da fare.

Il destino della bestia, notoriamente odiata e temuta per le razzie nei pollai, era nelle mie mani: pensai alla triste fama – non sempre giustificata ed imparziale - che da sempre accompagna questa bestia, alle maledizioni delle massaie che hanno subito danni ed alla selvaggina vittima delle volpi. Ma pensai anche al ruolo importante che la natura ha affidato a questo animale: il contenimento di animali altamente prolifici quali topi; lo smaltimento di animali morti o malati che potrebbero causare epidemie, ecc.

Alla fine di tante riflessioni, presi la decisione che mi parve più giusta e saggia, e che ancora adesso ritengo sia stata la migliore.

Intanto una vicina di casa era intervenuta per vedere l’animale e, prima di mettere in atto la decisione che avevo preso, mi feci solennemente promettere che non avrebbe detto a nessuno quanto stavo per fare. Soprattutto non avrebbe dovuto venirlo a sapere l’amico cacciatore.

Ricevute le più ampie assicurazioni dalla vicina, alzai con cautela la porta della trappola e la volpe, ritrovatasi improvvisamente libera, si dileguò con calma, voltandosi in dietro una sola volta quasi in segno di ringraziamento.

Son convinto che da allora la bestiola passi quasi tutte le notti nei pressi della nostra casa a fare una visita, alla ricerca di qualche avanzo di cucina, che puntualmente e gratuitamente provvede a smaltire, nel modo più ecologico, economico e naturale possibile.

I miei amici friulani una volta mi dissero che da loro un proverbio recita, “nessuno ha almeno un amico da confidargli, in via del tutto eccezionale e personale, un segreto…” ed anche nel caso della volpe il proverbio funzionò, tanto che l’amico cacciatore venuto a conoscenza di quanto avevo fatto – stupidamente dal suo punto di vista – mi augurò che la volpe, come è solita fare, mi saccheggiasse tutto il pollame!

La formica d’alta quota                                                                                         

Dopo circa tre ore di cammino, ero finalmente arrivato in cima al Ghinivert, una punta in fondo alla Val Troncea di circa 3.000 metri di altitudine.

La giornata era stupenda, ma la fatica della salita si faceva sentire, per cui avevo accuratamente cercato un posto comodo per sedere e riprendere un po’ di fiato.

Causa la stanchezza, la ricerca fu breve e la pietra scelta mi parve comoda e persino più morbida delle “poltrone sofà” tanto reclamizzate in TV.

Dopo aver contemplato a lungo il panorama, cercando di individuare alcune delle cime che si ergono tutt'intorno, cominciai a consumare il mio solito panino, accompagnandolo con qualche sorso di vino che a quell'altezza aveva raggiunto il massimo del suo potere dissetante.

Attorno a me non c’era anima viva, tranne una coppia di gracchi che volteggiavano nella speranza di trovare qualche residuo alimentare quando avrei abbandonato il luogo. L’unico rumore era dovuto alla leggera brezza che interessa le cime nelle belle giornate estive.

Da quel luogo maestoso potevo godere la vista dell’ampia zona circostante e riconoscere alcune borgate della bassa valle.

Ad un certo punto però la mia attenzione fu attratta da un piccolo insetto che si affaccendava ai miei piedi: una formica si aggirava tra le piccole pietre appena smosse dai miei grossi scarponi.

Mi parve interessante constatare il contrasto tra la grandezza del mondo che mi circondava e quel piccolo essere vivente che girava di qua e di là con grande agilità ed apparentemente senza motivo e senza senso, alla ricerca di chissà cosa.

Poco alla volta fui preso dalla curiosità di capire il motivo che rendeva così agitata la bestiola, che ispezionava ogni pietruzza che incontrava sul sentiero: forse non le riconosceva perché smosse poco prima dai miei scarponi.

Ad un certo punto però la bestiola si fermò all'improvviso davanti ad una briciola di pane caduta dalla pagnotta che avevo sfornato appena 24 ore prima.

La briciola aveva le dimensioni di un chicco di grano, quindi molto più grande dell’animaletto che ora la guardava con interesse. Dopo alcuni istanti la formica afferrò con decisione la preda e, sollevatala come si trattasse di un trofeo, partì con decisione verso una meta che solo lei conosceva.

Faceva impressione vedere una briciola in movimento, spinta da un insetto che quasi non si vedeva.

Percorsi però una quindicina di centimetri, il trasportatore trovò la strada sbarrata da due pietre grandi quanto nocciole, che però non consentivano il passaggio di un oggetto tanto voluminoso.

La formica provò più volte a forzare il blocco, ma i suoi sforzi si dimostrarono inutili.

Nel frattempo passarono alcune altre formiche che, dopo aver dato un veloce sguardo alla collega in difficoltà, ripresero il loro frenetico viaggio alla ricerca di chissà cosa.

La formica trasportatrice intanto, al terzo o quarto tentativo fallito, cambiò improvvisamente strategia: anziché spingere l’ingombrante carico, si girò ed in retromarcia cominciò a tirare la briciola, riuscendo così a superare l’ostacolo al primo tentativo e riprendere il viaggio con maggior vigore, dovendo recuperare il tempo perso a causa delle pietre.

Ho ancora seguito l’insolito trasportatore fin quando è entrato in un anfratto che forse lo portava alla propria famiglia, ma la scena mi aveva sorpreso, affascinato e stupito dall’intelligenza dimostrata da una semplice, piccola formica.

Il fatto di per se insignificante, mi ha fatto capire che anche dei comuni insetti hanno delle doti fenomenali che gli permettono tra l’altro di sopravvivere a 3.000 metri, dove alla mancanza di vegetazione si aggiungono temperature rigide anche nella bella stagione, superabili solo grazie alla loro particolare intelligenza.

Da quel giorno mi son convinto che il detto “hai il cervello di una formica” non dev'essere considerata una frase offensiva, bensì un complimento.

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La cicogna e il corvo


Questa volta vorrei raccontare un fatto osservato tempo fa: una questione sorta tra un corvo ed una cicogna per un “posto letto”.

Non lontano dalla casa in cui abito, c’è una quercia secolare su cui anni fa si è abbattuto un fulmine che lo ha ferito, causando il disseccamento di alcuni rami, anche grandi.

Lo scorso autunno una cicogna bianca, dopo aver pascolato non lontano alla ricerca di cibo, decise di pernottare sul vecchio albero.

Dopo alcuni giri di perlustrazione, si appollaiò sopra uno dei rami secchi, un posto ideale in quanto non disturbato dal traffico automobilistico ed anche vicino alla dispensa che gli avrebbe garantito prelibati bocconcini per i prossimi giorni.

Erano appena trascorsi alcuni minuti da quando si era ben sistemata sul ramo e deciso di passare lì la notte, quando apparve un corvo che, dopo aver volteggiato attorno all'albero, si posò anche lui su di un ramo secco della quercia, poco distante da dove si trovava la cicogna.

Nessuno dei due si scompose: la cicogna non diede segni di nervosismo ritenendo si trattasse di una normale coincidenza l’aver scelto entrambi i rami della stessa pianta, mentre il corvo non sembrava voler perdere di vista la cicogna.

Il sopraggiungere della notte sorprese i due volatili appollaiati a poca distanza, decisi a trascorrere così l’intera nottata.

Ed infatti il mattino seguente il sorgere dell’alba li colse nella stessa posizione della sera precedente. Fu il corvo che per primo abbandonò il ramo, richiamato dal gracchiare dei suoi simili che già volavano verso il fitto del bosco.

Al sopraggiungere della seconda sera, venne ripetuta la stessa, identica scena del giorno precedente: dopo un breve giro di perlustrazione, la cicogna si appollaiò sullo stesso ramo e nel medesimo punto della sera precedente, subito seguita dal corvo, che anche lui riprese quella che sembrava essere diventata ormai la sua dimora fissa.

La terza sera mi affacciai alla finestra, convinto di rivedere per la terza volta la medesima scena, anche se non riuscivo a capire perché, due uccelli appartenenti a due speci così diverse di volatili, andassero a dormire tanto vicini, potendo invece facilmente scegliere posti sui numerosi altri alberi delle zone circostanti.

Con sorpresa vidi arrivare con un certo anticipo, il corvo, che andò dritto dritto a posarsi nel punto esatto in cui aveva pernottato la cicogna nelle notti precedenti e che ora, pensai, forse aveva trovato un “albergo” a condizioni migliori.

Ed invece pochi minuti dopo, rividi comparire il grosso uccello e dirigersi verso il ramo che ormai conosceva, dove aveva già trovato ospitalità due notti.

Quando però, giunto ad una certa distanza, vide che il posto era già occupato, cambiò decisamente rotta, dirigendosi altrove, mentre il corvo non si scompose minimamente.

Dalla sera successiva, il ramo della vecchia quercia riprese a passare le notti in solitudine, privo di ospiti!

Dal fatto appena raccontato ho tratto un’amara considerazione: ho cercato di immaginare cosa sarebbe successo se la stessa questione fosse sorta tra due persone ed ho concluso che forse, come minimo, sarebbe stato il pretesto per l’inizio di una costosa battaglia legale…………

Il passero ed il falco


Come forse ormai in pochi ricordano, i salici vanno potati tutti gli anni e questa operazione deve essere fatta in inverno quando i rami sono privi di foglie. Il taglio dei rami cresciuti nell'anno precedente, serve a far si che ne crescano dei nuovi, che diventando più o meno grandi, conservano la caratteristica dell’elasticità, per cui possono essere facilmente piegati e quindi utilizzati in diversi modi tra cui la costruzione di ceste, cestini, museruole, oppure legare i tralci di vite, fascine, ecc.

Alcuni anni fa avevo deciso di tagliare i rami dei miei salici (scoupé ij sali), approfittando di una bella giornata primaverile.

Avevo già tagliato un bel po’ di rami piuttosto grandi, che avevo deposto ad una decina di metri dalla rete del vicino ed ancora stavo tagliandone altri con una sega a mano, quando la mia attenzione fu attratta dalle grida disperate di un povero passero che poco dopo vidi penetrare improvvisamente tra i rami ammucchiati.

Pochi secondi e mi fu chiara la motivazione di tale comportamento: un bell'esemplare di falco, visto che l’inseguimento era fallito, si era venuto a posare sul salice ormai privo di rami che si trovava a circa due metri dalla mia faccia.

Per 2-3 minuti rimanemmo entrambi immobili a guardarci: mi sembrava semplicemente incredibile avere un esemplare di un magnifico uccello selvatico così vicino. L’uccello stava immobile, come fosse imbalsamato, dandomi così la possibilità di osservare i suoi occhi vivaci e fissi che sembravano di vetro. Il becco ricurvo, sembrava un attrezzo inerme, come pure le potenti unghie sembravano utili solo ad appoggiare sugli alberi.

Di fronte c’ero io, che mi ero bloccato nella posizione in cui mi trovavo quando era arrivato il rapace. Se qualcuno mi avesse visto in quel momento, avrebbe visto uno con una roncola in mano ed in posizione eretta ma contorto in modo del tutto innaturale, che richiamava alla mente la posizione di uno spaventapasseri.

A fatica mi trattenni dalla voglia di avvicinarmi e prendere in mano quell'essere maestoso, ben sapendo che non sarei neanche stato in grado di trattenerlo, visto la potenza dei suoi artigli e del becco acuminati che non avrebbero avuto alcuna difficoltà a penetrare nelle mie carni, con le immaginabili conseguenze.

Dopo alcuni minuti di assoluto silenzio, la scena cambiò nuovamente, all'improvviso: il passerò uscì dal provvidenziale riparo e, riprendendo a gridare disperato, in pochi secondi raggiunse e superò la rete del vicino, inseguito nuovamente dal falco che, appena il passero era uscito dal suo riparo, aveva abbandonato il salice su cui aveva invano atteso una mossa sbagliata del fuggiasco.

Il predatore scansò allora la rete e si allontanò sconfitto da un piccolo passero, che avrebbe potuto rappresentare un ottimo pasto per quella giornata!    

Il giusto calcolo dei tempi necessari per oltrepassare la recinzione, aveva salvato la vita al piccolo passero; il bellissimo falco aveva dovuto accontentarsi di sfiorare quella piccola preda, mentre al sottoscritto rimaneva la grande soddisfazione di aver potuto trovarsi a tu per tu con un uccello che normalmente si vede abbastanza raramente e solamente a distanze notevoli, causa la comprensibile diffidenza che nutre per gli uomini.

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